Indonesia, un altro Megaterremoto e' sempre piu' probabile!


L’Indonesia e una trentina di Paesi che si affacciano tra l’oceano Indiano e il Pacifico, stanno vivendo come un incubo la previsione, formulata da sismologi di chiara fama, che nel giro di alcuni anni possa ripetersi un mega terremoto-maremoto del tutto simile a quello del 26 dicembre 2004: epicentro al largo delle coste nord occidentali di Sumatra, magnitudo 9.2-9.4, onde di tsunami alte diversi metri, dall’Africa all’India fino alla Thailandia, e un bilancio di 230 mila morti.


PREOCCUPAZIONI - Le preoccupazioni degli esperti si sono rafforzate in questi giorni, a seguito del terremoto di magnitudo 8.6 che si è verificato l’11 aprile scorso nella stessa regione, facendo scattare l’allarme tsunami in 27 Paesi, per fortuna non seguito da danni rilevanti (l’onda anomala si è limitata al metro d’altezza). Infatti, dopo la catastrofe del 2004, le ripetute scosse sismiche indonesiane non inducono a pensare che l’energia della faglia si stia scaricando gradualmente, allontanando lo spettro di un nuovo, grande terremoto; piuttosto sono interpretate come eventi destabilizzanti che indurrebbero a fare scattare l’enorme quantità di energia ancora intrappolata in un altro segmento del lungo e complesso sistema di faglie, ai margini occidentali di Sumatra.

MINACCIA - Capofila dei sismologi più preoccupati è l’americano Kerry Sieh, professore al California Institute of Technology e direttore dell’Earth Observatory di Singapore. Secondo le sue valutazioni, la lunga faglia di Sumatra, con il terremoto del 2004 e con i vari scatti successivi, avrebbe smaltito soltanto la metà dell’energia accumulata in secoli di deformazioni; e le scosse più forti, come quella dell’11 aprile scorso, non farebbero altro che accelerare l’atteso megaterremoto. Sieh, specializzato in sismologia storica, ha potuto ricostruire terremoti del passato, di cui si era persa memoria, studiando le colonie di coralli che hanno conservato i segni delle dislocazioni del fondo marino in seguito alle maggiori scosse. Per alcuni di questi eventi ha trovato riscontro anche negli enormi depositi di sabbia generati dai maremoti che li hanno accompagnati. Da questi studi è emersa una ciclicità ultrasecolare dei megaterremoti di Sumatra.

SOLO IL PRIMO - Secondo le ricostruzioni di Sieh, due grandi eventi sismici si verificarono nel 1393 e nel 1450, a poco più di mezzo secolo l’uno dall’altro. «La mia convinzione», non esita a dire il sismologo americano, «è che il megaterremoto del 2004 sia il primo di una nuova doppietta». Convinzione rafforzata dalle più recenti osservazioni, tramite la rete Gps, dei vettori di spostamento delle varie parti dell’Indonesia, i quali danno un’evidente dimostrazione delle tremende deformazioni in atto.

CONTATTO - Le isole indonesiane, nella loro parte occidentale, sono addossate a una delle zone sismogenetiche più attive del mondo, la cosiddetta Sunda Megathrust: in pratica la superficie di scorrimento fra la placca Indo-australiana e quella Pacifica. La prima s’immerge (subduce) sotto la seconda che le sovrascorre. Questa dinamica, generatrice allo stesso tempo di vulcani e terremoti, si sviluppa lungo tutti i circa 6 mila km che vanno dalla Birmania all’Australia, lambendo i margini occidentali di Sumatra, Giava, Bali e delle altre isole indonesiane più a sud. Le faglie che si sono create lungo la Sunda Megathrust sono come molle che si caricano e si scaricano periodicamente.

SPOSTAMENTI - Allo scopo di apprestare le misure di prevenzione, i sismologi cercano di ricostruire quali segmenti di faglia sono talmente carichi da attendersi un prossimo scatto. Il terremoto del 2004 interessò il segmento più settentrionale della Sunda Megathrust, circa 1.500 km che vanno da Banda Aceh (Sumatra) alla Birmania, passando per le isole Nicobare e Andamane. Il suo gemello, secondo Sieh, potrebbe verificarsi più sud, al largo della provincia di Bengkulu (Sumatra). Poco più giù, anche l’isola di Giava è sotto scacco.

ALTRE VALUTAZIONI - «Non c’è dubbio che Sieh sia un bravissimo ricercatore e che i suoi studi siano degni di essere presi in seria considerazione», commenta il sismologo Alessandro Amato, dirigente di ricerca dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv). «Altri colleghi fanno valutazioni più caute sull’energia residua nella faglia di Sumatra dopo il terremoto del 2004: secondo Sieh è il 50%, secondo altri il 30%. Non è facile da stabilire. Tuttavia il rischio di un altro megaterremoto nella zona incombe, anche se non sappiamo se potrà verificarsi fra 5 o fra 50 anni. Un altro segmento di faglia in cui potrebbe manifestarsi un forte terremoto da circa 8,5 Richter», prosegue Amato, «si trova a ridosso della popolosa città di Padang, sul versante centro-occidentale di Sumatra, dove vive circa un milione di persone e dove uno tsunami cancellerebbe tutta la città che è pianeggiante e a basse quote. Lì c’è il progetto di costruire colline artificiali, a forma di piramidi tronche, su cui mettere in salvo la popolazione dai maremoti».

FUGA FALLITA - C’è anche da aggiungere che, mentre in tutta l’area il sistema di monitoraggio e di allerta per i possibili maremoti è molto migliorato rispetto al 2004, quando gran parte dell’Asia fu colta di sorpresa, proprio la scossa dell’11 aprile scorso ha dimostrato che questa volta l’allarme è stato tempestivo ma è fallita l’organizzazione per la messa in sicurezza della popolazione. Strade di fuga dal mare intasate, incertezza sui luoghi in cui ripararsi: centinaia di migliaia di persone a Sumatra e nelle isole vicine si sono ritrovate in preda al panico, bloccate e senza indicazioni chiare. La fortuna ha voluto che questa volta il movimento della faglia sia stato trascorrente e non abbia assestato alle acque dell’oceano Indiano quel micidiale colpo dal basso che generò il grande maremoto del 2004. (www.corriere.it)

SEGUITECI SU FACEBOOK!!!

Nessun commento:

 


Post più popolari

 SEGUICI SENZA CENSURA SU TELEGRAM

AddToAny